Nel suo intervento al convegno nazionale dei Cavalieri del Lavoro svoltosi Venezia sabato 7 giugno, Antonio D’Amato, Ceo di Seda International Packaging Group e Presidente della Fondazione Mezzogioprno, lancia un appello deciso per una nuova stagione costituente dell’Unione Europea. Secondo l’ex presidente di Confindustria e della stessa Federazione, l’Europa è oggi al bivio più critico dalla fine della Seconda guerra mondiale: la sua debolezza politica, istituzionale ed economica rischia di comprometterne la stabilità interna e il ruolo globale.
D’Amato denuncia una duplice emergenza: il deterioramento del contesto internazionale, segnato da conflitti e instabilità, e la progressiva deindustrializzazione dell’Unione, aggravata da una burocrazia eccessiva e da un’iper-regolazione paralizzante. In particolare, indica come priorità assolute il rafforzamento degli investimenti per la difesa europea e il rilancio della competitività industriale, sottolineando gli effetti diretti anche per l’Italia e il Mezzogiorno.
Riportiamo l’articolo di Nando Santonastaso pubblicato su Il Mattino dell’8 giugno 2025
«Mai come ora il mondo e noi tutti abbiamo bisogno di un’Europa forte e unita sul piano politico, efficace dal punto di vista istituzionale, e competitiva sul piano economico e industriale». Antonio D’Amato va dritto al cuore del problema al convegno annuale della Federazione dei Cavalieri del Lavoro, ospitato ieri dalla Fondazione Cini a Venezia. “L’Europa che vogliamo” è il tema e l’ex Presidente di Confindustria e della stessa, prestigiosa Federazione, non usa com’è suo costume giri di parole da un lato per esprimere preoccupazioni e perplessità sul futuro dell’UE ma dall’altro per indicare anche la strada da seguire e in fretta per invertire la rotta ed evitare il declino industriale dell’Unione. «Oggi stiamo fronteggiando – dice – la più grave crisi politica ed economica dalla fine della Seconda Guerra mondiale, che minaccia la pace, la stabilità e la coesione del nostro continente. Questi ultimi anni sono caratterizzati da una guerra sempre più cruenta, che mette a rischio non solo l’Europa ma il pianeta tutto. La continua perdita di competitività e la crescente de-industrializzazione dell’Unione stanno determinando un costante indebolimento del ceto medio di molti Paesi europei, accentuandone polarizzazioni politiche ed estremismi».
Per D’Amato, che la platea dei Cavalieri del Lavoro applaude più volte; II rischio che l’Europa non sia all’altezza di questo delicatissimo momento è reale.
“Nonostante la dichiarata volontà di rilanciare la competitività dell’Europa come elemento fondamentale per rafforzare la nostra economia e dare più stabilità sociale e politica ai paesi dell’Unione, la direzione di marcia delle istituzioni europee risulta ancora essere incerta e contraddittoria”. Cosa vuol dire, in concreto? Che “mentre in altre aree del mondo, in primis Stati Uniti, Cina e India, si accelera verso una accresciuta competitività e aggressività dal punto di vista delle politiche industriali ed economiche, la iper-regolamentazione e la mancanza di una grande e nuova stagione di politica industriale europea continuano a indebolire le imprese e la tenuta stessa dei nostri Paesi“.
Dunque, insiste l’industriale napoletano, “è arrivato quindi il momento di affrontare i nodi politici e istituzionali che hanno portato l’Europa in questa fase di stallo e di paralisi. Un processo impegnativo e complesso ma indispensabile per risolvere i blocchi e le contraddizioni istituzionali e politiche dell’attuale costruzione europea. I Paesi fondatori devono impegnarsi in uno sforzo di ridefinizione e di rilancio dell’idea originaria dell’Europa come garante di pace, benessere e progresso per noi e per il mondo.”
Non c’è più tempo da perdere, osserva D’Amato perché bisogna fare i conti subito con due priorità assolute: dobbiamo «accrescere gli investimenti per la difesa, indispensabili per creare quella forza di deterrenza necessaria per assicurare la pace, e al tempo stesso rilanciare immediatamente la competitività dell’economia e dell’industria europea fermando l’eccesso di regolamenti e di norme. Centinaia di decreti attuativi e di ulteriori gravami sono in progress, come conseguenza di tutte le direttive realizzate nel corso della precedente legislatura. Tutto questo nonostante dichiarazioni e documenti prodotti dal Parlamento e dalla Commissione europea per promuovere una semplificazione che al momento resta solo sulla carta».
Allarme forte quello di D’Amato anche perché e due priorità non sono, a suo giudizio, indispensabili solo «per la solidità economica europea, ma anche molto importante perla competitività dell’Italia del Mezzogiorno». E spiega: «La confusione del quadro regolamentare europeo ha determinato ormai negli ultimi anni una vera paralisi degli investimenti industriali, che hanno rallentato non per mancanza di risorse o di liquidità ma perché le imprese non conoscono il futuro delle regole europee con cui misurarsi. In questo clima . di incertezza le imprese europee sono ferme, mentre quelle del resto del mondo continuano ad attrezzarsi per conquistare nuove quote dei mercati mondiali a partire dal nostro. Non servo- no più rapporti e dichiarazioni di intenti, occorre cambiare subito rotta con chiarezza e determinazione».
Che il tempo delle scelte per l’Ue sia arrivato è una consapevolezza diffusa tra i Cavalieri del Lavoro. I grandi protagonisti dell’impresa e della cultura del lavoro italiani non sembrano intimoriti dai dazi di Usa e Cina ma vorrebbero accettare questa e le altre sfide (i nuovi mercati, per esempio) con la certezza di un’Europa forte, unita politicamente e fiscalmente, che si doti di un «trattato costituzionale in grado di garantire un sistema maggioritario nelle decisioni e di superare l’unanimità dei consensi», come sottolinea, tra gli altri, il presidente dell’Abi Antonio Patuelli. Un’Europa che «non imponga il pagamento di 12 miliardi di euro alle aziende farmaceutiche perché i medicinali vengono ritenuti inquinanti anche quando sono eliminati dal normale ciclo vitale di chi li ingerisce», dice Lucia Aleotti di Pharmafin-Menarini Group. E che «metta in campo la forza degli Stati, come i sei Paesi fondatori, per arrivare ad accordi come per il Trattato di Shengen che i tecnici giudicarono un errore e che invece fu una felice intuizione», osserva Franco Bernabé, Presidente di Techvisory e dell’Università di Trento.
Di sicuro per i Cavalieri del Lavoro non si può nemmeno ipotizzare un futuro senza Europa, e non solo perché l’emergenza della guerra impone scelte condivise e strategiche. L’UE resta innsostituibile, ribadiscono, non a caso, i messaggi inviati al Convegno dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e dal vicepremier Antonio Tajani, nonché il videomessaggio della Presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola. C’è però bisogno, dice il Presidente uscente della Federazione, il banchiere Maurizio Sella, di rimboccarsi le maniche e di puntare a tre grandi e irrinunciabili obiettivi: superare l’unanimità, ricorrere con gli eurobond al finanziamento di debito comune europeo, e semplificare norme e procedure.