“Occorre un senso della cogenza e dell’urgenza diverso da quello registrato negli ultimi anni, solo così ce la possiamo fare. Abbiamo noi, adesso, come classe e ceto dirigente il dovere di continuare a dare a questo Paese il futuro che merita. Per farlo, si badi bene, occorre innanzitutto garantire la tenuta finanziaria dell’Italia e la precondizione per ottenere la solidità dei nostri fondamentali è mettere in equilibrio il tasso di occupazione tra le varie aree del Paese, puntando a una impennata dell’occupazione laddove c’è più margine, ovvero nel Meridione”.
Il presidente della Fondazione Mezzogiorno, Antonio D’Amato, porta al centro del Festival dell’Economia di Trento le ragioni del Sud e il bisogno di superare i divari territoriali. Alla tavola rotonda “Osservatorio sul Pnrr: obiettivi raggiunti e criticità”, tenuta il 4 giugno, sono intervenuti, insieme all’ex numero uno di Confindustria, anche Enrico Giovannini, Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, e Roberto Garofoli, Sottosegretario di Stato Presidenza del Consiglio dei ministri.
La coesione non serve solo alle aree più deboli, serve all’intero Paese e, più in generale, serve all’Europa. “Il tasso di occupazione in Italia – spiega D’Amato nel corso del suo intervento – è pari al 59% della popolazione attiva. Un valore distante più di 10 punti dalla media europea. Solo portando il tasso di occupazione della popolazione attiva del nostro Paese ad almeno il 70% è possibile generare il Pil sufficiente ad assicurare un equilibrio più sostenibile delle finanze del Paese. E la tenuta finanziaria dell’Italia è il sentiero stretto lungo il quale passa la tenuta della stessa Europa e dell’euro”.
A evidenziare la rilevanza del Pnrr per il futuro del Paese, D’Amato ne ricorda la genesi. “Il Piano di ripresa nasce con l’obiettivo chiarissimo di porre fine ai divari territoriali e la quota così significativa riservata all’Italia trova la sua ragione proprio qui, nella volontà di superare distanze ormai economicamente, socialmente insopportabili tra pezzi del Paese”.
Su questo punto D’Amato porta all’attenzione della platea anche la necessità di favorire un “reshoring” dei talenti. Non è possibile affidare solamente allo sviluppo dell’industria turistica la missione di riequilibrare i divari di crescita e di Pil pro capite. “La crescita, per essere virtuosa, deve essere qualitativa oltre che quantitativa: occorre recuperare la quota del valore aggiunto manifatturiero degli anni passati e puntare al reinsediamento, con stabilimenti di produzione, dei centri decisionali e di ricerca, unica via per contrastare con efficacia la grande disoccupazione intellettuale dei nostri giovani migliori”.
Dopo aver riconosciuto al Governo il merito di aver saputo gestire il Pnrr in una fase complessa, ora “complicata anche dalle turbolenze pre-elettorali”, D’Amato indica le priorità da seguire nel dare piena attuazione al Piano: potenziare l’addizionalità degli investimenti privati in una logica di partenariato; superare l’impostazione a “silos” dei vari progetti, ora inchiodati su una spinta verticalizzazione degli interventi, favorendo invece una progettualità anche orizzontale; potenziare la regia e la capacità di coordinamento per evitare le lentezze degli enti territoriali.
“Abbiamo alle nostre spalle l’esperienza dei Fondi strutturali e di coesione, fondi che soprattutto le Regioni del Sud hanno dimostrato di non saper spendere e questo non solo è un danno per la nostra economia, questo è anche moralmente intollerabile. Non è possibile vedere che le Regioni che più hanno necessità di investire per la crescita non sappiano utilizzare i fondi a loro disposizione”.
Il Presidente della Fondazione Mezzogiorno esorta il Governo e chiunque abbia la responsabilità di gestire la cosa pubblica a essere “ambizioso”. Il Pnrr non serve ad aumentare il Pil di 1 o 2 punti. “L’obiettivo minimo che bisogna porsi è di far crescere il tasso di occupazione della popolazione attiva al Sud di almeno 15 punti in dieci anni”.